La Gloria del Cristo Re

Il grande dipinto absidale rappresenta Cristo, Re dell’universo, avvolto da un turbine di angeli e di santi nella trascendenza dei cieli ed è stato realizzato dal pittore Ermanno Politi, negli anni 1960-61.

Da colto committente qual era e profondo conoscitore dell’arte italiana, don Stella, volle realizzare sulle pareti dell’edificio religioso una raffigurazione ricca di significati simbolici. Alla base dell’opera si individua un preciso programma iconografico volto alla rappresentazione di Cristo Re, ritratto sullo sfondo di una croce luminosa e attorniato da angeli che reggono gli strumenti della Passione e gli emblemi della Regalità.

Nel dipinto si legge la sostanziale differenza tra la parte in basso, costituita da una “umanità conosciuta” (il volto del diacono san Lorenzo, è quello del giovane don Stella), e la parte in alto nella quale domina una composizione che sale “oltre la materialità dell’umano”, in una sintesi teologica ed artistica di grande efficacia e bellezza.

Nella porzione inferiore del dipinto trova posto la Chiesa: 

al centro la Chiesa degli Apostoli con la Madonna affiancata da Pietro e Giovanni ( da un Bollettino parrocchiale del Gennaio 1961, a firma dell’allora parroco don Angelo Stella, abbiamo appreso che l’opera «di alto significato spirituale e di valore artistico» fu finanziata dalla «Madrina della Chiesa, Signora Piera Cillario Ferrero», che «le figure centrali dei Santi Pietro e Giovanni – contravvenendo all’antica iconografia della Traditio Legis et clavium che vede come protagonisti accanto al Cristo glorioso San Pietro e San Paolo, ndr – ci ricorderanno pure il nome dei due fondatori dell’Azienda Ferrero, che diede sviluppo e vita alla nostra città di Alba»);

Ai lati la Chiesa dei Martiri con S. Lorenzo, patrono della città, S. Barbara e S. Margherita, protettrici della zona, i santi Cassiano e Frontiniano, martiri sulla via verso Pollentia a cui venne dedicata l’omonima abbazia, e dei Confessori della fede: S. Teobaldo, copatrono di Alba, la Beata Margherita di Savoia, riconoscibile dall’abito da terziaria dell’Ordine domenicano e dalle tre frecce che tiene tra le mani, fondatrice del convento femminile dedicato a S. Maria Maddalena e infine il Papa Pio XII rappresentante la Chiesa del tempo in cui venne fondata la parrocchia.

Dietro la figura del Cristo Re dell’universo, che campeggia in primo piano, sfavilla una croce che emana luce: simbolo della morte e risurrezione del Signore. Intorno si avverte un fruscio di ali di angeli, figure diafane, espresse in chiaroscuri di luci e di ombre, di grande effetto cromatico. Gli angeli recano gli emblemi della regalità e gli strumenti della Passione di Gesù.

Una scritta, in basso, incornicia il dipinto: “REDEMISTI NOS DO- MINE IN SANGUINE TUO ET FECISTI NOS DEO NOSTRO REGNUM”.

Il dipinto è stato oggetto di un restauro nel 2014: grazie ad un delicato intervento di pulitura della superficie pittorica, con l’asporto della polvere depositatasi nel tempo e piccole integrazioni, il dipinto è tornato alla purezza cromatica delle origini.

Il grande regista di tutta l’opera di restauro è stato l’architetto Ugo Dellapiana, figlio di Giovanni Oreste Dellapiana, progettista della nostra chiesa. Il lavoro è stato affidato alla “Compagnia del restauro” di Mondovì ed è stato in gran parte eseguito con certosina perizia dalla parrocchiana Tiziana Servetti.

Il Trittico del Battistero

La Chiesa parrocchiale ospita, nella cappella del Battistero, tre grandi pannelli dipinti dal pittore torinese Mario Caffaro Rore che il parroco don Angelo Stella volle commissionare nel 30° anniversario della fondazione della parrocchia (1988) per «tradurre in immagini le cose mirabili che avvengono nel Battesimo cristiano». Scelse Caffaro Rore, pittore moderno con ascendenze classiche, che da anni esercitava la sua arte dedicandosi prevalentemente a soggetti sacri con l’atteggiamento di chi si mette al servizio del messaggio evangelico e della Bellezza. Colore, luce, tradizione ed invenzione sono le caratteristiche che si ritrovano in maniera costante nella sua copiosa produzione artistica. Egli si cimentò spesso nella narrazione di episodi biblici ed evangelici, nella raffigurazione della Vergine con il Bambino, per la quale aveva una devozione particolare e nei ritratti di santi dei quali ha cercato di esprimere l’essenza della spiritualità.

Tre sono le scene illustrate sui pannelli del Trittico del Battistero. La lettura inizia da quello di destra in cui – parafrasando la descrizione di don Stella – viene raffigurato il popolo dell’ antica Alleanza che passa da schiavitù a libertà, attraverso il mare Rosso. Immagine che bene illustra il rinnovamento operato dal Battesimo che ci rende uomini nuovi, liberi dal peccato. Il popolo ebreo segue Mosè attraverso le acque del mare. I volti esprimono preoccupazione e paura, tuttavia la presenza dell’angelo, che scendendo con irruenza dall’alto li guida, illumina le tenebre del cammino.

Nel pannello centrale è raffigurato, avvolto dal manto rosso, Cristo Risorto che ci dona lo Spirito Santo. Egli è circondato da un cerchio-arcobaleno che rimanda alla mandorla del Cristo in Maestà tipico della pittura e scultura medievale. Sul suo capo campeggiano le mani del Padre che scendono dall’alto in un abbraccio e ci donano il Figlio e lo Spirito Santo nel duplice aspetto di colomba e di lingue di fuoco. L’acqua che scorre e il fuoco ci ricordano che Cristo è colui che «battezzerà in Spirito Santo e fuoco» (Lc. 3,16). 

Accanto al Salvatore trovano posto gli Evangelisti, raffigurati con il loro simbolo. Questo tipo di rappresentazione, frequente nell’arte sacra del passato, deriva dall’interpretazione che viene fatta di due testi, uno dell’Antico e l’altro del Nuovo Testamento, Ezechiele 1, 1-28 e Apocalisse 4, 1-11. Ezechiele descrive in una sua visione quattro creature: «Quanto alle loro fattezze, ognuno dei quattro aveva fattezze d’uomo; poi fattezze di leone a destra, fattezze di toro a sinistra e, ognuno dei quattro, fattezze d’aquila. Le loro ali erano spiegate verso l’alto; ciascuno aveva due ali che si tocca- vano e due che coprivano il corpo». Si descrive in questo modo il Tetramorfo, raffigurazione iconografica dei quattro animali dell’ Apocalisse, leone, bue, aquila e uomo, identificati da San Girolamo rispettiva- mente con Marco, Luca, Giovanni e Matteo. 

L’aquila allude all’altezza del pensiero di Giovanni; il suo Vangelo ha una visione più spirituale e teologica. Il bue rappresenta l’animale del sacrificio metafora di quello di Cristo di cui ci parla san Luca. L’uomo o angelo con cui viene rappresentato Matteo allude alla centralità dell’umanità di Cristo che caratterizza il suo Vangelo (esordisce con la discendenza di Gesù e ne racconta l’infanzia). Il leone con cui viene raffigurato Marco rimanda alla figura del Battista con cui inizia il suo Vangelo; Giovanni è la voce che si innalza nel deserto simile ad un ruggito.

Nell’ultima scena, sulla parete a sinistra, una schiera di fedeli, di cui possiamo sentirci parte, sale dal fonte battesimale verso il regno celeste accolti dalla Vergine. Essa viene raffigurata secondo l’ iconografia dell’ Immacolata Concezione, caratterizzata dalla corona di dodici stelle descritta nell’Apocalisse.

Tra i personaggi si riconoscono numerosi santi: San Pietro con le chiavi, Santa Caterina d’ Alessandria con la ruota dentata, San Nicola con il sasso, San Sebastiano con le frecce, strumenti del loro martirio. Sono le nostre guide, gli esempi a cui ispirare la nostra vita.

Anche in questo dipinto la luce che promana dalla figura di Maria, che si espande nel cielo e raggiunge gli angeli, illumina le tenebre del cammino verso la salvezza.

Le vetrate, la storia della Misericordia in trasparenza

Tra le opere artistiche che impreziosiscono la nostra chiesa parrocchiale, troviamo le vetrate istoriate che ornano le pareti ai lati del presbiterio.

Le prime cinque vetrate risalgono al 1983, in concomitanza con l’anniversario dei 25 anni della fondazione della parrocchia e di missione sacerdotale di don Stella come parroco di Cristo Re. Le vetrate sono state progettate dall’architetto suor Michelangela Ballan che le pensò rispondendo con maestria alle suggestioni offerte da don Stella.

Egli desiderava narrare con elementi figurativi e simbolici, grazie alla sinfonia di colori offerta dai giochi di luce, la storia della salvezza che si snoda nei dieci riquadri che illuminano la chiesa.

Le prime cinque vetrate sono dedicate all’Antica Alleanza. Si parte dalla Creazione con la raffigurazione degli astri, del sole e della luna e di tutti gli esseri viventi che popolano la terra; nella seconda campeggia un grande arcobaleno che sancisce la prima Alleanza dopo il diluvio universale; la terza vetrata è dedicata ad Abramo, chiamato a lasciare la sua patria verso la terra promessa abbandonandosi fiducioso alla volontà del Padre; nella quarta viene illustrata l’Alleanza del Sinai ponendo in evidenza le tavole della Legge ed il roveto ardente, segno della presenza divina; nella quinta vetrata il popolo di Dio cammina verso la terra promessa guidato da Javhè, simboleggiato dal tetragramma.

Le altre cinque vetrate, realizzate qualche tempo più tardi, completano la storia della Salvezza con episodi del Nuovo Testamento. In una sorta di stringente pendant con i soggetti precedenti, continua il racconto con l’Annunciazione, cioè l’incarnazione del Verbo di Dio nel grembo di Maria; al diluvio che ha purificato il mondo corrisponde il batte- simo di Gesù, nuova purificazione; alla figura di Abramo che la fede in Dio rese disponibile al sacrificio del figlio corrisponde il sacrificio di Gesù per tutti noi; nella quarta vetrata, in parallelo all’Alleanza del Sinai, troviamo la risurrezione di Cristo che sancisce la Nuova ed eterna Alleanza; infine al cammino del popolo di Dio verso la terra promessa corrisponde la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli nel giorno di Pentecoste, inizio del viaggio della Chiesa e dell’umanità verso il compimento della storia.